Gli archeologi della Soprintendenza al lavoro per verificare l’estensione della palafitta.
Il bacino della Lagozza, un tempo occupato da un piccolo lago inframorenico, fu quasi totalmente prosciugato verso la fine dell’Ottocento per consentire l’estrazione della torba. Proprio tale attività portò, a partire dal 1877, alla scoperta di un sito palafitticolo risalente alla fine del Neolitico, all’incirca tra 6.000 e 5.500 anni fa. Negli anni successivi, molti studiosi visitarono il sito facendo osservazioni e recuperando un numero notevole di reperti; di questi una parte cospicua fu donata dal proprietario, il conte Carlo O. Cornaggia Castiglioni, al Civico Museo Archeologico di Como, dove sono esposti ancora oggi. Le ricerche proseguirono intense per una ventina d’anni in concomitanza dell’estrazione della torba al punto che uno dei protagonisti delle ricerche, Innocenzo Regazzoni, nel 1887 scriveva che il sito era stato “rovistato in ogni sua parte” e che quindi era probabile che il deposito archeologico fosse ormai esaurito. Nel 1953, Ottavio Cornaggia Castiglioni, archeologo e nipote di Carlo, intraprese nuovi scavi archeologici, che consentirono di indagare la palafitta su un’area di 16 m2 dimostrando che il deposito archeologico non era affatto esaurito.
Dopo questi scavi, le ricerche s’interruppero totalmente, se si escludono alcuni recuperi svolti in occasione della pulizia dei canali. L’assenza di dati recenti e di un programma di ricerche è stata tra i motivi che hanno portato all’esclusione della Lagozza dal novero definitivo dei siti palafitticoli preistorici delle Alpi riconosciuti dall’UNESCO.
Per ovviare a questa situazione e comprendere l’effettivo potenziale archeologico del sito, la Soprintendenza ha programmato una serie di indagini archeologiche, che si sono concluse nei giorni scorsi. Dopo aver vigilato sulla rimozione dello strato di riporto con mezzo meccanico, gli archeologi hanno potuto verificare l’estensione della palafitta individuando alcuni pali, ancora infissi nel limo lacustre, e riconoscendo il deposito corrispondente al crollo dell’impalcato ligneo, probabilmente in seguito a un incendio. Dopo aver effettuato prelievi e campionamenti le trincee sono state richiuse. Gli scavi sono, infatti, solo il primo tassello di un ambizioso e articolato progetto di ricerca che la Soprintendenza ha elaborato per promuovere la conoscenza e la valorizzazione del sito della Lagozza e che si svilupperà nei prossimi anni.
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