L’archivio fotografico si mostra

Esposizione digitale a cura di G.M. Facchinetti con la collaborazione di L. Caldera, L. Collabolletta e L. Monopoli

La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese ha ereditato l’archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, testimone di un’attività di tutela e valorizzazione iniziata nel 1907 con l’istituzione della Regia Soprintendenza agli Scavi e Musei lombardi. Le più antiche immagini, risalenti agli anni ’20 del XX secolo, testimoniano gli importanti rinvenimenti di quegli anni e le attività di documentazione dei resti monumentali. Ma è con gli anni ’40, in parallelo con l’aumento dei rinvenimenti in conseguenza del boom edilizio del dopoguerra e delle attività della Soprintendenza, che il numero delle riprese fotografiche diviene più importante.

L’archivio

L’archivio nel corso degli anni ha raccolto e catalogato riprese fotografiche relative a scavi, restauri, documentazione di reperti archeologici, musealizzazioni e attività di valorizzazione realizzate con le diverse tecniche e supporti che il progresso tecnologico ha messo a disposizione.
Accanto a riprese su lastre fotografiche in vetro di medio e grande formato, risalenti per lo più agli anni ’40-’50 ma utilizzate ancora fino alla fine degli anni ’80 e a stampe, in archivio sono presenti negativi fotografici in bianco e nero e a colori di vari formati. Nella documentazione degli inizi degli anni ’80 cominciano a comparire le pellicole diapositive nei formati 24×36 mm e 6×7 cm, mentre dalla fine degli anni ’90 vengono progressivamente sempre più adottate le fotografie digitali che hanno ormai sostituito qualsiasi altro supporto fotografico. Nell’archivio sono inoltre conservate anche scansioni di radiografie di reperti archeologici.
Le riprese sono state realizzate da archeologi operanti nei cantieri, da fotografi professionisti appositamente incaricati e dal personale della Soprintendenza. A partire dal 1978, grazie all’assunzione di un tecnico fotografo, cui se ne è aggiunto un secondo nel 1999, è stato possibile attivare un laboratorio fotografico per la produzione in proprio della documentazione necessaria alle attività di catalogazione e valorizzazione senza dover più ricorrere a incarichi esterni.
I tecnici fotografi curano anche l’archiviazione e la conservazione delle immagini, nonché la digitalizzazione progressiva delle immagini realizzate su supporto fisico. Il sistema di inventariazione prevede l’attribuzione di una sigla alfabetica, distintiva del formato (ad esempio, A per il formato 6×6, L per il 24×36, DL per le diapositive e DIGI per le digitali), seguita da un numero univoco.
Sia le immagini digitali che quelle fin qui digitalizzate sono archiviate su server dedicato con sistema di backup.
Attualmente il patrimonio fotografico catalogato, in continua crescita, ammonta a circa 430.000 immagini consultabili tramite apposito software.

Il laboratorio fotografico

L’attività che viene realizzata presso il laboratorio fotografico consente di disporre delle immagini necessarie per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico. Tramite le fotografie è possibile documentare lo stato di conservazione dei reperti nel tempo, disporre di elementi di identificazione in caso di furti, produrre immagini per le attività di valorizzazione, dalle pubblicazioni scientifiche alla realizzazione di supporti alla visita di aree e musei archeologici sia in forma cartacea che digitale.

Gli strumenti della fotografia nel tempo

Nel tempo il laboratorio fotografico ha progressivamente aggiornato le sue dotazioni per stare al passo con l’evoluzione tecnologica. Nel patrimonio della Soprintendenza sono così presenti fotocamere che documentano l’evoluzione della tecnologia e che rappresentano una importante testimonianza della storia della tecnica fotografica.

Indagini archeologiche

La documentazione più consistente presente nell’archivio fotografico è quella relativa ai rinvenimenti e alle indagini archeologiche. Attraverso le immagini è possibile ripercorrere i mutamenti nel modo di effettuare gli scavi, da sterri alla ricerca di strutture murarie a indagini stratigrafiche sempre più sofisticate in grado di documentare ogni traccia delle azioni umane conservata nel sottosuolo.

Archeologia d’emergenza e archeologia preventiva

La maggior parte dei rinvenimenti è determinata da lavori pubblici o privati. Con scavi di emergenza si intendono quelli effettuati a seguito del rinvenimento di resti archeologici sia in modo occasionale che durante assistenze a parte di archeologi. Con scavi preventivi si intendono quelli realizzati prima dell’avvio dei cantieri edili per verificarne la fattibilità. Nel caso delle opere pubbliche, il Codice degli Appalti prevede una procedura dettagliata per valutare la fattibilità dei progetti. Pur in assenza di una specifica normativa, nel caso di lavori privati in zone dotate di potenziale archeologico, individuate negli strumenti di pianificazione urbanistica, si sta diffondendo il ricorso a interventi archeologici preventivi.

Scavi di ricerca

L’archivio fotografico conserva documentazione anche di indagini archeologiche programmate con finalità di ricerca sia in siti già noti come la grande villa romana delle “Grotte di Catullo” o Castelseprio sia a seguito di rinvenimenti effettuati nel corso di indagini d’emergenza o preventive come, ad esempio, nel caso della domus di Piazza Sordello a Mantova.

Archeologia subacquea

Le indagini archeologiche subacquee svolte in fiumi e laghi lombardi hanno consentito la documentazione di resti di insediamenti di vario periodo, ma con particolare riferimento ai siti palafitticoli dell’età del Bronzo, e relitti affondati. In particolare, numerosi sono stati i rinvenimenti di piroghe, in alcuni casi recuperate e restaurate presso il Centro di trattamento del legno bagnato della Soprintendenza.

Il restauro

I reperti rinvenuti hanno sovente necessità di trattamenti di restauro per poter essere studiati e valorizzati. L’operato di restauratori specializzati in oggetti di natura archeologica è fondamentale per una corretta valutazione dello stato di conservazione e dei trattamenti necessari. Oltre agli oggetti, interventi di restauro riguardano anche monumenti e loro parti. Ogni manufatto viene fotografato prima, durante e dopo il restauro al fine di lasciare la documentazione più accurata possibile del lavoro svolto.

Il centro di trattamento del legno bagnato

Presso la Soprintendenza è stato creato un centro specializzato nel restauro del legno proveniente da siti umidi (laghi, fiumi, torbiere). Nel corso degli anni sono state trattate piroghe e altri manufatti di differenti dimensioni, spesso provenienti dai siti palafitticoli lombardi e di altre aree dell’Italia settentrionale. Il centro è dotato di vasche di conservazione e trattamento e di una camera di essiccazione controllata.

La documentazione dei reperti archeologici

L’archivio fotografico conserva le immagini prodotte a documentazione dei reperti archeologici rinvenuti sul territorio o restituiti allo Stato a seguito di confische. Inoltre, sono presenti fotografie di beni archeologici di proprietà di enti locali e quelli privati dichiarati di interesse culturale.

Reperti confiscati e restituiti allo Stato

La Soprintendenza opera in sinergia con le forze dell’ordine, in particolare con i Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, una sezione dell’arma specializzata nel contrasto dei reati contro il patrimonio culturale nazionale. Nell’archivio fotografico sono presenti immagini che documentano i beni confiscati e tornati ad essere parte del patrimonio dello Stato

La valorizzazione

L’archivio fotografico documenta le attività di valorizzazione che costituiscono il naturale esito di quelle di tutela. Per la valorizzazione del patrimonio archeologico lombardo sono state creati luoghi della cultura (parchi, aree e musei archeologici), anche in collaborazione con enti locali, realizzate mostre temporanee nonché organizzati convegni e conferenze per la comunicazione sia scientifica che divulgativa dei risultati conseguiti attraverso scavi archeologici e studi.